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GESUALDO BUFALINO  
Gesualdo Bufalino
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Gesualdo Bufalino (1920 — 1996) è stato uno scrittore italiano. Gesualdo Bufalino, negli anni oscuri del suo anonimato, ha sempre vissuto sulla falsariga di una straordinaria tensione intellettuale. Affascinato sin da ragazzino dalla parola scritta e dai libri, trascorreva ore nella piccola biblioteca del padre, fabbro ferraio con l'hobby della lettura. 
Incappato fortunosamente in un vecchio vocabolario, ne reinventò la funzione come fantastico strumento di gioco e di apprendimento. Al liceo, che frequentava inizialmente a Ragusa e poi dal 1936 a Comiso, ebbe come insegnante d'italiano Paolo Nicosia, valoroso dantista e allievo tra i prediletti del Cesareo. 
Ha tutte le carte in regola per essere annoverato “in cotanto senno” Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano scomparso nel 1996, venuto alla ribalta, all’età di sessant’anni, dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Diceria dell’untore, che gli valse il Premio Campiello 1981. 
Nella sua poliedrica produzione letteraria, che conta opere di narrativa, saggistica, poesia, traduzioni specie dal francese, si possono riscontrare infatti tematiche, sentimenti, atmosfere, valori sociali, peculiarità tali da farlo entrare di diritto nella schiera degli autori conterranei caratterizzati da quella specificità del sentire definita da Leonardo Sciascia “sicilitudine”. 
Tutti i suoi scritti sono permeati da un forte senso di appartenenza alla realtà isolana e soprattutto a quel “triangolino di Sicilia”, la provincia di Ragusa, e ancor più a Comiso, il paese natale in cui lo scrittore è vissuto fino alla fine dei suoi giorni.  
Uomo che ha dedicato pressoché tutta l’esistenza alle lettere, al piacere per il sapere, che ha letto tous le livres nel chiuso del suo studio-biblioteca, Bufalino dimostra la sua “sicilianità” anche per quest’esigenza, che lo accomuna ai più grandi scrittori dell’isola, di allargare i propri orizzonti culturali e di confrontarsi con altre civiltà letterarie, senza rinchiudersi in una compiaciuta contemplazione del proprio mondo isolano o in una sterile lamentazione dei propri mali.  
L’amore dell’autore per la sua terra d’origine è espresso soprattutto, ma non solo, negli scritti che corrono sul filo della memoria, per la quale Bufalino nutre un vero e proprio culto proustiano.
 
 
 
 
 
 
 
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