Scoperta e scavi
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«Dottore venga, abbiamo trovato qualcosa in un rudere sul Tellaro»: era l’estate del 1971, quando Giuseppe Voza, in forza alla sovrintendenza ai beni culturali di Siracusa, ricevette quella telefonata da un capitano della Guardia di finanza. Qualcuno aveva avvertito le fiamme gialle che in una masseria abbandonata, non lontano da Noto, e dall’antica città di Eloro, si erano visti scavatori di frodo. Che cosa li aveva attirati tra le rovine di quel casale? In un angolo della stalla si intravedeva un frammento di mosaico a colori, volti di personaggi intenti a banchettare. I cacciatori di reperti l’avevano già pulito con l’intenzione forse di strapparlo senza immaginare il valore di quello che avevano casualmente trovato.
Si trattava, infatti, dei resti di una villa romana del IV secolo dopo Cristo, la dimora di una famiglia di latifondisti, i cui pavimenti erano ricoperti da straordinari mosaici che, per raffinatezza di stile, sono tra i più significativi dell’epoca e possono bene rivaleggiare con quelli, notissimi, di Piazza Armerina, presso Enna. E ora, dopo un lunghissimo restauro, saranno visibili al pubblico.
«Gli scavi, cominciati tra mille difficoltà burocratiche a metà degli anni 70, hanno portato alla luce i resti di una villa di 6 mila metri quadrati» racconta Voza, che da sovrintendente ha poi seguito passo per passo la straordinaria scoperta. «Il corpo centrale era costituito da una corte circondata da un portico sul quale si affacciavano vari ambienti. Il camminamento era ricoperto da un mosaico a tappeto con festoni e motivi geometrici, ben conservato per 15 metri». Ma il ritrovamento eccezionale riguarda i pavimenti di tre stanze tappezzati con scene mitologiche, di caccia e danze, realizzate con milioni di tessere in pietra calcarea e cotto dai colori naturali intensissimi. Storie piene di animali, fiori e volti talmente vivi che sembrano schizzare fuori dal disegno.La residenza romana bruciò in un incendio, probabilmente alla fine del IV secolo. Forse fu una conseguenza della calata dei barbari ipotizza il sovrintendente.
«Il racconto sulla vita di santa Melania dice che in quel periodo la nobile romana si rifugiò in Sicilia dove la sua ricca famiglia possedeva 60 ville e da una di queste assistette al rogo di altre dimore, appiccato dagli invasori. La stessa sorte potrebbe essere toccata a quella sul fiume Tellaro». Sullo strato di macerie e cenere abbandonato per secoli nel 1700 venne costruita una fattoria, tranciando i mosaici scampati alla distruzione e seppellendoli sotto 50 centimetri di terra e pietre.
«Per recuperarne alcune porzioni abbiamo tolto con un lavoro chirurgico parte delle fondazioni evitando di far crollare quel che resta della masseria» aggiunge Voza. «E viste le condizioni in cui si trovavano abbiamo dovuto tirare via i mosaici e portarli al laboratorio per il restauro».
Un’operazione delicatissima e rischiosa perché, se eseguita malamente, rischia di scompaginare le tessere, distruggendo per sempre le immagini. Un telo impregnato di un collante speciale viene posato sulla superficie del mosaico, poi si stacca dal terreno il fondo su cui sono posate le pietruzze ottenendo una sorta di tappeto che viene arrotolato intorno a un cilindro di legno per il trasporto. «Avevo una tal paura di danneggiare le opere che feci montare una tenda nel cortile della fattoria dove far immediatamente fissare i mosaici sulle resine» confessa Voza.
Era la fine degli anni 80. Da allora gli esperti hanno lavorato per togliere le tracce lasciate dall’incendio. Con pazienza hanno risistemato alcune delle tessere sparse, ritrovate durante gli scavi, riportando all’originale splendore i racconti narrati sui pavimenti della villa. «Le fondazioni della masseria avevano rovinato la parte principale di una delle scene più straordinarie: la pesatura del corpo di Ettore, un evento a cui si fa riferimento nell’Iliade» dice Voza. «Dopo la pulizia sono emersi particolari che ci hanno permesso di stabilire che si trattava proprio del riscatto dell’eroe ucciso.
riscatto del corpo d Ettore
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