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nespolo 
 
 
 
Salvo Monica 
 
 
 
 
’za Ciccia 
'za Ciccia 
 
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Se ci permettiamo di entrare nel cortile della "Sua" casa d'Ispica, se ci sediamo per un attimo sotto l'ombra del "Suo" nespolo, è perchè vogliamo capire dove nasce l'ispirazione di Salvo Monica, quale gente lo ha circondato durante le calde serate estive siciliane e quali abitudini lo rendevo "caro" ai suoi cari. 
Sono il maresciallo, le nipoti, le cummari, gli artisti che ogni giorno si avvicendavano sotto il suo albero preferito; dialoghi pieni di mille interessi, incroci di sguardi carichi di espressioni, grida di ragazzi che correvano lungo la strada e una pace intensa e misurata che riempiva ognuno di un piacere enorme di famiglia. 
Anche oggi passeggiando per il cortile, chiudendo gli occhi, si vedono i volti delle donne che, con la più futile delle scuse, entravano e uscivano da tutte le case del vicinato per portare e prendere l'ultima notizia. Le gambe delle nipoti che corrono e saltano sui gradini delle case creando scompiglio tra gli anziani intenti al riposo pomeridiano. 
Questi sono i motivi che del "Nespolo" ne fanno un simbolo per appenderci ricordi e pensieri in grado di farci rivivere alcuni momenti del grande artista. 
Alla poesia di Salvo Monica, alle opere scultoree, cerchiamo di aggiungere le fonti da cui ha tratto la sua energia, il suo travaglio interiore che hanno caratterizzato gran parte della sua vita.   
  La mia famiglia- 1935  
La mia famiglia 1935 - disegno disperso durante la II guerra mondiale 
PRINCIPALI RICORDI DA APPENDERE AL NESPOLO 
Enzo Monica: ...ma esiste "un prima del nespolo". La pianta è nata "selvaggia", dopo la morte dei nonni, materni e non c'è stato verso di estirparla. Prima il cortile era diverso e mio padre ne avrebbe di cose da raccontare, di come un giorno si fece prestare il mulo e il carretto dal futuro suocero e lo "impaiò" al contrario (questi artisti con la testa sempre per aria), i finimenti che dovevano andare nella coda li mise nel pettorale e viceversa. Il mulo tornò a casa martoriato. E la 'za ciccia scolpita in legno e di cui io ho una buona foto, le vecchie davanti all'uscio disegnate da mio padre con pochi colpi di china intinta con un pezzo di legno appuntito." 
ritratto di vecchio - 1936
Laura Murè: ...quante ne potrebbe realmente raccontare quel nespolo!!..Di tutte le volte che il nonno (il Maresciallo Cautela) puliva le mandorle e noi, nipotine monelle, gliele rubavamo dal saccone di iuta... O quando ci facevamo rincorrere per il cortile, dopo esserci nascoste per casa... E gli scherzi che facevamo alla zia Tina o allo zio Salvo... E quante anteprime delle opere dello zio abbiamo avuto l'onore di scoprire e commentare: sembravano veri e propri salotti letterali, venivamo radunati tutti appositamente...mancava solo il sipario! ... Scherzi a parte, l'attenzione era al massimo, e per tutto il resto della serata non si faceva altro che discutere dello zio, anche in tutte le sue sfaccettature, e lo zio Enzo lo sa bene!! hehehehhe...Bellissimo! Le serate d'estate passate tutti seduti fuori, sotto al nespolo, più di mille, e tutti sempre col sorriso sulle labbra, fino ad addormentarci, chi sulla sedia, chi sulla sdraio, chi sulla panchina di marmo...Quanti soli e quante notti stellate abbiamo visto da quella prospettiva!!!  
Maria ed Elisabetta 1994
Laura Murè: ...per me Salvo Monica era, è e resterà lo Zio Salvo, quello coi pantaloncini beige, canotta intima, calzini bianchi e sandali da Gesù Cristo! Sempre con la testa alta, abbassata solo quando meditava e si isolava dal mondo. Che entrava e usciva in punta di piedi dalla cucina del nonno, si sedeva, si prendeva in giro con la zia Tina e se ne tornava a preaparare il pranzo in quelle caldissime giornate estive, dove solo l'ombra del nespolo dava sollievo! Dopo pranzo tornava, ascoltava con poco interesse cosa stavamo raccontando in salotto, dove eravamo in 10 (quando andava bene) accaldati e svaccati tra divano, poltrone, sedie e panchette di legno, ci ascoltava in silenzio con l'indifferenza di chi ha la testa perennemente da un'altra parte, si alzava e se ne andava a riposare. Nel tardo pomeriggio noi nipotine venivamo perennemente spedite da Leone a prendere gelati, cornetti e pezzi duri e ci si ridestava dalla sonnolenza digestiva e dalla calura delle ore più infuocate radunandoci nuovamente tutti nel soggiorno del nonno... Per noi nipoti erano indubbiamente le giornate più lunghe e più belle. Tra una presa in giro e un'altra... saremmo stati ad ascoltare per ore! E poi venivano le sere...ma queste le racconteremo un'altra volta!! 
testa di ragazzo - 1951
 
 
La casa d'Ispica
il Nespolo
La vanedda (quartiere)
Il vicinato aveva un'enorme importanza. Le case spessissimo erano molto piccole, addossate le une alle altre. Era pressocchè impossibile riuscire a proteggersi dalla curiosità dei vicini, garantirsi un minimo di privacy. Prima o poi, anche i fatti più personali e privati di ognuno finivano nel calderone delle chiacchiere della vanedda, vero centro della vita quotidiana. 
La vanedda era un profumo di emozioni, era un luogo dove incontrarsi, giocare sia per grandi che per piccoli. Era la strada che ti insegnava a socializzare ed a campare. La colonna sonora era un continuo vociare, dalla mattina alla sera.Si viveva tutti insieme, tutti uguali, senza alcuna distinzione. Nella vanedda ci si voleva bene, vicendevolmente; era uno scambiarsi continuo di tutto ciò che all’altro serviva. 
Mangiare quello che c’era, accontentarsi, senza mai lamentarsi.Ci si voleva bene fra gente semplice, che andava e veniva dalla campagna e dal mareper guadagnarsi da vivere.Grande gente che sembra non esistere più, che ha lasciato la vanedda vuota e silenziosa.Non ci sono più i vicini, ma ciò che dispiace non si sente più il vociare dei bambini… 
Salvo Monica - Campochiaro (CB) 
Giugno 1942 -  Salvo Monica durante la seconda guerra mondiale  
Enzo Monica: ...il nespolo era l'albero preferito di mio zio "il maresciallo Cautela", era il suo regno di circa 4 metri quadrati. Dalla parte opposta, all'estremità del ballatoio, come a creare il secondo polo di una calamita, 2 metri quadrati erano monopolizzati da mio padre, Salvo Monica, che seduto sulla sua sedia a sdraio preferita godeva dell'aria di Ispica.  
autoritratto 1992
Laura Murè: ...non è tanto il nespolo, che per noi era scontato si trovasse là... Era l'atmosfera che si veniva a creare quando la famiglia allargata si radunava quelle pochissime volte l'anno in un luogo a noi molto caro. La presenza del nonno sapeva riunirci da Bergamo, Roma, Siracusa... Confluivamo tutti là, cercavamo di passare quanto più tempo col nonno; lui non aspettava altro tutto l'anno...e noi, che non volevamo ammetterlo, la pensavamo esattamente come lui! La casa si riempiva magicamente di corpi, di volti, di rumori: tv a tutto volume per sovrastare le voci dei racconti...vapori bollenti di pentoloni che portavano a tavola la solita e tanto odiata "pasta con la salsa", la cosa più veloce per chi era tornato da una mattinata di mare, e l'unica condivisa da tutti i palati... E poi la gente che entrava e usciva, ed i nipoti che, come alla frontiera, dovevano come prima cosa urlare "ciao nonno"...non importava che poi si fermassero o meno a salutarlo davvero, l'importante era salutare e schizzare via, disperdersi per la casa, mentre il nonno cercava di capire a chi appartenesse quella voce...(e quella disperata di mia sorella Delia ne sà qualcosa...ehehehe!!). Infiniti sono i ricordi... varrebbe la pena scriverci un libro!  
le Comari 1958
 
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