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Il benvenuto della Sicilia
Fra l'azzurra trasparenza del cielo e del mare, sullo sfondo dei Monti Peloritani che dall'Antennamare degradano fino alla punta del faro a specchio del suo porto falcato, è Messina, la regina dello Stretto. Di fronte ad essa si apre uno dei più grandiosi panorami del mondo. E' la città che per prima dà il benvenuto della Sicilia a chi proviene dal continente.
Lo stretto di Messina è largo 3km. Il punto di partenza per la traversata che viene dall'Italia è Villa San Giovanni. Parecchie navi traghetti fanno delle navette trasportando persone, treni, auto e merce. La durata dell’attraversata è di circa 30 minuti ed è uno spettacolo vedere in questa fetta di mare il lento incrociare di natanti alla ricerca ognuno della sua meta finale.
Lo Stretto di Messina (localmente detto u Strittu - lo Stretto) chiamato nell'antichità Stretto di Scilla, Fretum Siciliae o Faro di Messina, è un braccio di mare che collega il mar Ionio con il mar Tirreno e che, separando (sia pur marginalmente) le due città di Messina e Reggio Calabria con le rispettive aree urbane, separa la Sicilia dalla Calabria, dunque dall'Italia peninsulare e dal continente.
Di sei ore in sei ore lo Stretto è percorso alternativamente da una corrente prodotta dalla tendenza al livellamento del mare Tirreno con lo Ionio.
Uno degli aspetti più insoliti dello Stretto è che esiste un perenne dislivello tra le acque dello Ionio e quelle del Tirreno, che diminuisce man mano che ci si avvicina al punto di contatto dei due bacini, ove naturalmente si annulla. Quando le acque a Nord della 'sella' sulla linea Ganzirri - Punta Pezzo sono in fase di alta marea, quelle a sud della stessa linea sono in fase di bassa marea: le acque tirreniche si riversano allora nello Ionio colmando tale dislivello, e la corrente in direzione nord-sud che deriva da questo fenomeno è definita 'scendente'. Il flusso della scendente ribalta la situazione, innalzando la superficie del bacino ionico che, raggiunto un determinato livello, tende a riversarsi nuovamente nel Tirreno attraverso la linea Ganzirri-Punta Pezzo. Questa corrente che attraversa lo Stretto in direzione Sud-Nord è detta 'montante'.
La contemporanea presenza di due correnti opposte è uno degli elementi che rende lo Stretto di difficile interpretazione, sia che lo si debba attraversare in barca che - a maggior ragione - a nuoto.
E per tale motivo il traghetto non percorre tutto il percorso con la stessa prua, ma appena partito tende ad effettuare una grossa virata a mare verso destra per meglio attraversare le correnti dello stretto e riprendere il cammino verso Messina a prua invertita.
Appena la nave accoglie i vagoni del treno o le auto sulle apposite aree si e’ colpiti dalle voci dei manovratori che lanciandosi in dialetto avvisi e comunicazioni ti accolgono nel loro mondo, nel loro modo di essere e nel calore che la loro terra gli ha trasfuso.
E quando l’equipaggio è al posto di manovra, continuano…«attenzione, vieni a dritta, leva il timone di poppa, metti in mezzo», inizia così un fitto colloquio tra comandante e timoniere fino a sentire lo scricchiolio dei respingenti di legno all’ormeggio.
L’aumentare del tremolio del traghetto, intenso e potente, ti avvisa che la nave ha lasciato la banchina di Villa ed è il momento per il passeggero di poter salire sul ponte.
Per farlo si percorrono corridoi stretti e odoranti di mare , attraverso scalette che ti ricordano i vecchi vascelli e, finalmente sul ponte all’aria aperta si possono ammirare stupendi scenari e profumi che solo lo stretto di Messina sa preparare in ogni momento. Le correnti che si accavallano nel mare sembrano emanare un’energia fortissima che ti ricordano le vecchie storie di mare legate a scilla e cariddi.
All’improvviso, immerso nel mare e nella vastità dell’orizzonre, il profumo del caffè si annida e ti accarezza l’olfatto. E ti prende una voglia di gustarlo e ti metti alla ricerca del bar, nascosto tra mille sale salette, come se cercassi la tua oasi di salvezza. Alla fine lo trovi e mentre gusti il sapore eccitante del caffè, sia lo sguardo che l’olfatto vengono colpiti da un vassoio posto sul bancale del bar: sono gli arancini che trionfano maestosi e invitanti come descritti nelle pagine di “Montalbano” di Camilleri.
I trenta minuti che occorrono per l’attraversata trascorrono veloci come il vento che sfiora il tuo viso e quando meno te lo aspetti il traghetto entra nel porto di Messina e “la Madonna della lettera” e’ la prima che ti accoglie ti benedice aprendo la visione del porto e dei suoi colori vivaci e frenetici. Ed è allora che, quando si intravede la Madonnina che vigila sul porto, si prova una strana eccitazione, quella dell’esploratore che si affaccia su una nuova terra, misteriosa e insondabile.
Curiosità: gli arancini.
Gli arancini o arancine di riso rappresentano spesso il primo incontro gastronomico con la cucina siciliana, dove il cibo di strada viene offerto a tutte le ore da friggitorie, forni e bancarelle. Gli arancini, ispirati agli agrumi nell'aspetto e nel nome, sono una felicissima sintesi delle varie influenze storiche presenti nell’area: quella araba per il riso e lo zafferano, quella francese per il ragù, quella spagnola per il pomodoro e quella greca per il formaggio.
Questo cibo sarebbe nato secondo alcuni nei conventi, per altri all’interno delle case baronali, mentre c’è chi li farebbe derivare dalla tradizione della cucina popolare, dove gli avanzi di un pranzo venivano riciclati in modo fantasioso e gustoso. Tantissime sono le versioni degli arancini (al maschile a Catania) o arancine (al femminile a Palermo). Queste palle di riso farcite possono essere fritte o al forno (se avvolte da uno strato di pasta sfoglia). Variano anche per forma e dimensione. A Palermo si presentano di ragguardevole mole e tondeggianti, nel catanese più contenuti con forme che identificano il ripieno:
- base piatta e punta a ogiva con il sugo di carne;
- tondeggiante con il burro;
- ovoidale con pollo o spinaci.
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Vista satellitare dello stretto
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Miti popolari
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Fra i miti più popolari possiamo citare Scilla e Cariddi che sono situate nello Stretto, cioè sul punto di passaggio obbligato degli antichi naviganti, che dalla Grecia volevano fare vela per Cuma.
Nell'Odissea di Omero troviamo la prima descrizione di essi:
Scilla è un mostro atroce e spaventevole, che abbaia e ringhia orribilmente, localizzata su uno scoglio di una rupe alta cento metri nella punta calabra. E' munito di 12 piedi e di 6 colli smisurati, portanti ciascuno una testa mostruosa guarnita da un triplice giro di denti acuminati. Tale mostro, antropofago, abita una oscura caverna da cui sporge la testa cercando avidamente la preda. Fra le grinfie del mostro periscono 6 compagni di Ulisse.
Cariddi, ad un sol trar d'arco di Scilla, come dice Omero, è l'altro orribile mostro che tre volte inghiotte le acque del mare e tre volte le rigetta con muggiti, posta sotto il Promontorio Peloro.
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La Madonna della lettera
(patrona della città)
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Secondo una pia tradizione, San Paolo, nel corso delle sue peregrinazioni per il Mediterraneo alla volta di Roma per diffondere la Buona Novella, sarebbe approdato nell'anno 41 d. C. a Messina, città già allora molto fiorente dal punto di vista economico grazie al suo porto.
Qui egli, predicando la dottrina cristiana, avrebbe infiammato subito i cuori di molti messinesi e, tra essi, dei Senatori cittadini del tempo, i quali, saputo dall'Apostolo delle Genti dell'esistenza, a Gerusalemme, della Madre del Signore, decisero subito di recarvisi per chiedere la sua benedizione sulla Città.
La Madonna scrisse di suo pugno e consegnò agli ambasciatori messinesi una Lettera, in cui Ella benediceva la Città ed i suoi abitanti e si costituiva sua perpetua Protettrice. L'8 settembre del 42 d.C. la nave recò gli ambasciatori nella città dello Stretto con la Lettera di Maria, che la stessa Celeste mittente aveva arrotolato e legato con alcuni dei suoi capelli. Secondo una leggenda, Maria avrebbe scelto di essere la padrona dei messinesi e non il contrario. Questa tradizione ha contribuito molto a radicare nella città il culto mariano.
Latino: «Vos et ipsam Civitatem benedicimus»
Italiano: «Benediciamo voi e la vostra Città»
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Cenni storici: traghetti dello stretto
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Il nome esatto di queste imbarcazioni in origine era "Piropontone". Il significato della parola, dovrebbe essere: piroscafo ad auto propulsione - auto governabile, dotato di ponte munito di rotaie per consentire il trasporto di veicoli ferroviari.
Nel 1881, l'ingegnere Antonio Calabretta presentava un primo progetto di nave traghetto, ispirato ai «ferry boats» già in servizio nei Paesi del Nord Europa, in grado di trasportare carri ferroviari tra le due sponde dello Stretto di Messina.
Trascorsi dodici anni, la Società Italiana delle Strade Ferrate della Sicilia, con RD del 23-11-1893 (3) otteneva in concessione il servizio di traghettamento di carri ferroviari tra le due rive dello Stretto, con l'obbligo di eseguire due corse giornaliere tra Messina e Reggio e, non appena inaugurata la nuova linea ferrata Eboli-Reggio, altre due corse fra Messina e Villa S. Giovanni.
Di conseguenza, venivano commissionati i primi due «piropontoni a ruote» (il cui costo risultò di lire 430.000 ciascuno), per la cui costruzione, purtroppo, occorsero altri due anni. Il primo «ferry» a raggiungere Messina (2 agosto 1896) fu lo Scilla, ma solo il 1° novembre 1899, il gemello Cariddi poteva inaugurare il servizio di traghettamento dei vagoni ferroviari tra il Continente e la Sicilia, da Reggio Calabria a Messina, perché le invasature erano state completate con ritardo.
Nei primi tre anni di vita, però, le due navi non rimasero inattive, ma furono intensamente utilizzate per il trasporto di passeggeri e collettame tra le due sponde dello Stretto e issando anche il guidone del servizio postale.
Nel 1905, mentre le Ferrovie Siciliane passavano allo Stato, entrava in funzione il più vicino scalo di Villa S. Giovanni e i cantieri consegnavano due nuovi traghetti a ruote, il Calabria ed il Sicilia, che saranno radiati rispettivamente nel 1927 e nel 1933.
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