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Escursioni nei monti Hyblei
 
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Il versante degli Iblei, attraversato dalla valle dell’ Anapo e da altre cave e valli minori, offre la possibilità di fare escursioni nelle gole ora aride,  ora percorse da un corso d’acqua. Per chi ama le emozioni forti è impedibile il trekking d’estate nelle praterie aride, con inaspettate nuotate nei torrenti. I pochi tratti di costa naturale sono prevalentemente rocciosi. Le riserve naturali Ciane-Saline di Siracusa e Pantalica-Valle dell’Anapo offrono al visitatore degli importanti angoli di natura, dove, in un’area ad alta densità di siti archeologici, non possono mancare le tracce dell’uomo. Altrove sono da segnalare gli aspri paesaggi dei cahyon (cave del torrente Càntera e Fontanelle, torrente Sugherata) e la bellezza dei boschi montani (monte Lauro).
Bosco Pisano: alla scoperta del fossile vivente. Solo andata un’ora e 15 minuti. Facile. Acqua: fontana nella piazza a Buccheri.  
Da Buccheri (SR) con l’auto si prosegue verso nord in direzione di contrada Sughereta. Dopo 3,5 Km. In corrispondenza di una curva a gomito, si nota un cancello della Forestale. Si lascia l’auto e si prosegue a piedi lungo una strada sterrata. Sulle sughere e sui lecci spontanei predominano i cipressi piantati dall’uomo. Camminando sulla pista che taglia il ripido pendio del monte Sughereta sulla valle sottostante, si procede, dopo una curva, in direzione nord-est. Di fronte sono visibili Francofone e l’invaso di Lentini. In questo versante della montagna il bosco è costituito da sughere, frammiste a cespugli di ginestra spinosa. La valle, diversa dalla altre “cave” iblee, perché interamente ricoperta da rocce vulcaniche, è percorsa da un torrente, detto Sughereta o La Rocca, mentre il suo fondo è occupato dal bosco di platani orientali. Il versante della valle esposto a sud presenta un affascinate paesaggio di deserto mediterraneo, formato da fichi d’india aggrappati alle pareti rocciose. Il bosco Pisano, folto nei pendii scoscesi, assume l’aspetto di una macchia sull’altopiano, con radi esemplari di sughera ed intricati arbusti di ginestra spinosa. In questo bosco vive una popolazione relitta di un alberello unico in Europa. Gli arbusti hanno foglie insolite, piccole e divise in 5-8 denti per lato. Siamo di fronte agli ultimi sopravvissuti di Zelkova sicula, il fossile vivente. Questa specie appartiene a un genere di alberi, diffuso nel Caucaso, nell’Iran del Nord, in Cina ed in Giappone, che si credeva estinto in Europa dall’ultimo interglaciale. Sull’estremo massiccio montuoso siciliano, per una serie di fattori ecologici la zelkova è però sfuggita miracolosamente all’estinzione: improvvisamente si riconducono le distanze, l’Asia sembra più vicina. Si ritorna per la stessa via.   
 
 
Bosco Frassino:un bosco secolare di querce da sughero. Andata 50 min. Facile. Acqua:assente 
Da Lentini o Francofone ci si dirige verso Buccheri. Superato l’incrocio con la strada che va a Pedagaggi, dopo la quinta curva si nota sulla destra una sterrata.  Ci si incammina su questa, dopo aver lasciato l’auto. Sulla destra si estendono agrumeti fino a un’area boschiva, che costituisce la nostra meta. Alla nostra sinistra si erge monte S. venere, uno dei pochi rilievi che emerge dall’altopiano Ibleo. Si prosegue sempre diritto tra coltivi e siepi in direzione di m. Mazzarino (691 m.) e, prima che la strada cominci a salire in modo ripido, si svolta a destra, seguendo una strabella in cemento che passa tra gli agrumeti. Arrivati al bivio presso una casa, si va a sinistra, poi diritto, tralasciando le deviazioni. Quando la sterrata curva a sinistra si procede diritto, a lato di un agrumeto. Il sentiero prosegue accanto ad un tubo per l’acqua. Si guada e si passa sotto il tubo. Si segue un muro di pietra fino a passare attraverso un varco del reticolato, che si costeggia salendo per la fascia taglia-fuoco. Si incrocia una strada con fondo naturale, cje si percorre svoltando a destra. Una macchia di oleastro, lentisco ed arbusti di ginestra spinosa rendono il paesaggio poco interessante. Tutto d’un tratto si entra invece in un mondo quasi irreale. I rami di decine di sugheri colossaliu disegnano una trama fantastica. Il rosso dei tronchi decorticati si combina con il verde scuro del fogliame in un quadro suggestivo. Più avanti quasi nascosti nel sottobosco si notano alcuni cespugli di marruca  (Paliurus spina-Christi), presenti in Sicilia solo in questo territorio. Si ritorna lungo lo stesso percorso.
 
Da Buccheri a monte Lauro: andata un'ora e venti minuti. Facile. Acqua: fonte nella piazza a Buccheri. 
Si parte dal paese in direzione di Vizzini, passando accanto a querceti naturali. Dopo un chilometro si supera un ponte e subito dopo di questo si scende a sinistra attraverso un varco. (Questo tratto può essere ostruito da rovi). Presso il torrente si svolta a destra e dopo pochi metri si guada. Si costeggia quindi il recinto di una casa. Alla fine di questo si attraversa nuovamente il corso d’acqua. Si segue una pista ingombrata da cespugli di ginestra comune. Alla biforcazione si svolta a destra. Il bosco che si attraversa è formato da roverelle, aceri, cerri e lecci. All’imbocco di una stradina lastricata si svolta a destra e poi si prosegue diritto fino a un cancello, che si supera. Se questo e’ chiuso. Lo si può aggirare passando attraverso il  bosco di destra in cui ci sono lecci, castagni e pini. Da qui si va alla sterrata attraverso un varco. Si sale lungo questa strada, contornata in primavera da fiori di sassifraga e non-tiscordardimè, fino alla deviazione di destra che indica l’area attrezzata n. 4. Dopo aver svoltato si supera il letto di un ruscello. Dopo un rimboschimento di eucalipti e pini, si giunge presso l’area attrezzata. Si continua a salire, mentre il bosco si arricchisce di biancospini, prugnoli, rose canine e di rare e splendide orchidee. Si possono udire ed osservare molte specie di uccelli, anche rari come la balia dal collare. Giunti presso un’altra area attrezzata, dove il bosco si dirada. La vista può spaziare: si vede Buccheri, il colle Tereo dietro e, in fondo, monte S. Venere. A questo punto si lascia il sentiero. Che ridiscende, e si segue l’orlo della valle. In breve si arriva ad una staccionata che delimita una strada. Da qui si puo’ tornare indietro oppure si può svoltare a destra e compiere il giro della cima di monte Lauro, da cui lo sguardo si spinge fino agli Iblei occidentali. Si ritorna per la stessa via.    
Da Sortino alla valle dell’Anapo: andata un’ora e quaranta minuti. Impegnativo al ritorno. Acqua: fonte del giglio, nella valle dell’Anapo. 
Il percorso è segnato fino all’ingresso della valle dell’Anapo con tacche di colore rosso. Si parte dal piazzale dove è posto il Convento dei Cappuccini. Seguendo via dei Mille si va fuori dal paese fino alla cappella di S. Francesco da Paola, sullo sperone di roccia fra la valle del Ciccio e la Cava del Marchese, dove si trovava il castello del Sortino pre-terremoto. Da quì si gode un bel panorama, dai monti al mare di Siracusa. Si devia a destra lungo una suggestiva scala, sopravvissuta al sisma del gennaio 1693. Attraverso una stradina con forte pendenza si arriva alla provinciale. Si svolta a sinistra e si prosegue sfiorando dei grandi camerini scavati nella roccia. Essi rappresentano quello che rimane delle abitazioni dell’antica Sortino, cioè la parte interna che era ricavata nel calcare. Oltrepassata la cava del Marchese, una gola dalle imponenti pareti rocciose, affluenti di sinistra del Ciccio, dopo ca. 700 m. si svolta a destra (tacca di vernice rossa), dove la strada sembra lambire il corso d’acqua. Si attraversa agevolmente il torrente, in vista di un vecchio mulino. Si prosegue lungo un sentiero, compreso tra un agrumeto ed un boschetto di leccio, quercia di Virgilio, olmo e carpino nero. Infine il sentiero diventa una carrareccia che entra nella valle dell’Anapo. La strada si collega aon il tracciato della ex-ferrovia, che si addentra nel canyon dell’Anapo. Superato un tunnel, si ammira un esemplare isolato di platano orientale, albero raro in Italia ed in Sicilia. Dopo pochi minuti si arriva presso un’altra galleria. Prima di entrare nel tunnel si svolta a destra e percorrendo un tracciato lungo il fiume, si possono vedere una spiaggetta incorniciata dalla macchia mediterranea, la stretta gola della Bottigliera, dove il sole penetra solo per pochi minuti al giorno e la confluenza del Calcinara nell’Anapo. Si ritorna nella sterrata passando sopra un incantevole laghetto dell’acqua verde-azzurra. In estate sulla parete rocciosa spiccano i fiori violetti del trachelio siciliano, endemico degli Iblei. Si superano un tratto, in cui il canyon presenta strette pareti verticali, ed un terzo tunnel, dopo di cui si ammira un giovane bosco di lecci e carpini neri nel fianco sinistro della valle. La strada scende verso il letto del corso d’acqua consentendo di cogliere magnifici scorsi sull’Anapo. Proseguendo, prima dell’edificio della ex- stazione di Pantalica, si nota a destra, sotto l’elevata parete di roccia, un ampiario rustico, uno degli ultimi ad avere le arnie costruite con la ferula, secondo un’antica tradizione, che si fa risalire ai Siculi. Superando la vecchia stazione di Pantalica, dopo alcune centinaia di metri, si raggiunge la fonte del Giglio, deviando a sinistra dalla sferrata (seguire l’indicazione). Presso la fonte vegeta l’ortica rupestre, esclusiva dei canyon Iblei. Al ritorno si segue lo stesso percorso.
 
 
Da Sortino a Pantalica (Anaktoron): andata un ora e quaranta minuti. Impegnativo. Acqua: fontana a Sortino all’incrocio fra la scalinata di via E. Scamporlino e via Roma, presso il convento dei Padri Cappuccini.  
Dal piazzale dove si trova il convento dei Padri Cappuccini si segue una ripida discesa, quindi si svolta a destra, percorrendo una scalinata che immette nella provinciale Sortino-Fusco (Val d’Anapo). Si segue per ca. 700 m. questa strada che forma una serie di tornanti fra le abitazion rupestri della vecchia Sortino, fino a incrociare, in corrispondenza di una curva cieca a sinistra (sotto la strada c’è un carrubo secolare), una strabella a destra. La si percorre e al bivio seguente si svolta a sinistra. In breve si attraversa un vecchio ponte sul torrente Ciccio e si prosegue per una ripida salita, lungo la quale si nota l’edicola votiva di Gesù Nazareno. Superato un pianoro, si scende di nuovo, passando fra mandorleti, in una piccola valle, il cui pendio ombreggiato è occupato da una lecceta con alberi di alto fusto. Nel fondovalle vi sono dei gradini (quello che resta della vecchia mulattiera), seguendo i quali si ritorna sulla stradina asfaltata. Si procede tra due alti muri a secco fino ad incrociare la provinciale Sortino-Pantalica, che si attraversa. Si imbocca la sterrata di fronte e, in corrispondenza di una sbarra, si svolta a destra per un tracciato sconnesso ma visibile. La mulattiera segue ora le curve della valle del Calcinara, affluente dell’Anapo. Si è già in vista dell’altura di Pantalica. Il tracciato scende verso il torrente, proprio al di sotto della Necropoli Nord, formata da centinaia di tombe sicule. Si attraversa il corso d’acqua con facile guado e si risale il costone roccioso opposto. Si sfiorano alcune abitazioni rupestri bizantine con annessa chiesetta, fino a pervenire a una strada asfaltata, Ferla-Pantalica. La si percorre fino ad un ponticello, subito dopo del quale si sale sulla destra seguendo un sentiero. Si ritorna sulla strada e si svolta nella sterrata di sinistra. Si giunge così sulla sommità di Pantalica, dovesi trova l’Anaktoron o Palazzo del Principe, di cui restano solo le fondamenta. Guardando verso sud si ammirano ampie vedute sulla valle dell’Anapo. Si ritorna lungo la stessa via.
 
Da Ferla a Raccalta: solo andata un’ora e trenta minuti. Impegnativo. Acqua: all’inizio del percorso.  
Si parte da Ferla (556 m.). Alla fine di via Garibaldi, all’uscita del paese, si imbocca a sinistra una stradina appena prima della pompa di benzina IP. Si scende abbeveratoio con sorgente) fino ad arrivare al fondovalle di una piccola cava, che il bosco sta pian piano invadendo. Qui si segue la mulattiera, un tracciato antichissimo, tra il bosco a sinistra e orti ed agrumeti, a destra. Sulle rupi di sinistra si possono vedere due palmenti scavati nella roccia. Alla fine della mulattiera, si prende una carrareccia poco frequentata, che sale attraverso la macchia. Dopo qualche curva si arriva in una strada asfaltata. Qui di fronte si trova una prosecuzione da evitare. Si gira invece a destra e dopo 20 m. a sinistra, proprio alla fine della discesa; si imbocca un’altra carrozzabile dal fondo bianco, che prende a salire. Sul lato destro c’è una recinzione di rete che bisogna seguire anche quando essa gira a destra, allontanandosi dalla stradina. Si procede per alcuni metri tra un canale di drenaggio e la recinzione e poi dentro un uliveto. Si passa attraverso il cancello di fronte che si deve richiudere. Ci si trova così sulla provinciale per Buccheri e Sortino. Qui si prende a sinistra e al bivio successivo si prosegue diritto. A destra si osserva una bella veduta del tratto iniziale del torrente Calcinara, ricoperto da un bosco di querce e di platani orientali. Questi raggiungono qui la quota più elevata (750 m.). Dopo ca. m. 800, dove la provinciale forma una curva a gomito, si imbocca una “trazzera” (carrozzabile)  che sale in direzione ovest costeggiando il vallone. La strada compie diversi tornanti fra le roverelle, fino a condurre presso un caseggiato rurale in pietra lavica. Qui finisce la stradina e si segue il valloncello che sale in direzione nord-ovest (percorso segnalato). Poco dopo si arriva all’inizio del piccolo vallone. Si devia in direzione ovest fino ad arrivare vicino a un’antica masseria, anche questa in pietra lavica, a quota 830 m. Il recinto dell’ovile presenta delle pietre sporgenti che avevano la funzione di impedire ai lupi di saltare dentro. Se si prosegue per un altro Km. Lungo la provinciale si arriva alla sella di Raccalta, da dove si ammira un bel panorama sugli Iblei, a nord e a sud.
 
 
 
Da  Madonna Adonai (Brucoli) a Cozzo Gisira: solo andata trenta minuti. Facile. Acqua: assente 
Da Brucoli si segue la segnaletica per il santuario della Madonna Adonai. Nei pressi di questo, dove la strada è chiusa da una sbarra, si lascia l’auto e si procede a piedi scendendo verso la costa. La si segue in direzione nord-ovest fino alla parte più alta (98 m.). La costa dapprima bassa, dove vegetano il finocchio di mare ed il limonio, diventa sempre più alta. Qui il tipico calcare ibleo sprofonda nel mare con un salto di varie diecine di metri, mentre al di sotto affiorano rocce vulcaniche del cretaceo. Le pareti verticali sono ancora il dominio incontrastato della macchia, dove si localizza una specie interessante, un ibrido tra il biancospino e l’azzeruolo. Si ritorna lungo lo stesso percorso, non prima di aver fatto comunque un bagno al mare.  
 
 
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