Storicamente denominato caciocavallo ragusano è uno dei formaggi più antichi dell'isola e si pensa che il nome derivi dall'asciugatura a cavalcioni (a cavaddu') di un'asse e dal nome della zona di produzione (Ragusa). La forma assomiglia ad un parallelepipedo ed è stata adottata anticamente per facilitarne lo stoccaggio ed il successivo trasporto: per questo motivo viene anche chiamato "quattrofacce" o "scaluni". Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato oggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli in "Ferdinando il Cattolico e Carlo V" racconta di una "esenzione dai dazi" anche per il caciocavallo ragusano e pertanto già oggetto di notevole commercio.
Il formaggio "Ragusano DOP" è l'orgoglio delle masserie, caratteristici complessi architettonici della campagna iblea costruiti su pietra bianca calcarea. E, al tempo stesso, abitazione del massaro e piccolo caseificio dove il latte delle mucche, che pascolano nei campi intorno, viene trasformato artigianalmente in delizia del palato, secondo una ricetta che si tramanda da generazioni.
Una parte di questo tradizionale formaggio viene ottenuto anche utilizzando il latte della mucca di razza modicana, un bovino locale che può vivere solo allo stato brado e che si nutre prevalentemente di erbe aromatiche selvatiche come timo, maggiorana ed altre scartate dagli altri animali.
Il "Ragusano" nasce in un'atmosfera d'altri tempi, tra gli strumenti in legno dai nomi antichi e i gesti lenti. Il latte viene appena munto viene portato nel locale dove avviene la caseificazione. Cremoso e ricco di panna, il latte fresco qui emana i sapori delle erbe aromatiche dell'altipiano ibleo.
Il liquido, inizialmente, viene filtrato con un setaccio e versato in una grande tina (tinozza) di legno - spesso fasciata in rame - poi il casaro vi versa la pasta di caglio d'agnello o di capretto, che ha fatto e dosato lui stesso. Dopo un'ora abbondante la cagliata è pronta: il latte si è coagulato sotto l'azione del caglio. A questo punto, il casaro agita la cagliata con un'asta di legno che termina a forma di disco detta ruotula, rompendola fino a ridurne i granuli alla dimensione di una lenticchia. Contemporaneamente, viene aggiunta acqua a ottanta gradi, per una prima cottura; quindi, la cagliata viene depositata dentro le vascedde, canestri da cui viene fatto uscire il siero, il liquido che aggiunto ad un 10% di latte dà origine alla ricotta. Di seguito, viene eseguita una seconda cottura della cagliata, sempre a ottanta gradi, che termina dopo un paio d'ore, utilizzando la scotta, residuo della ricotta. Infine, la cagliata torna nelle vascedde per completare il filtraggio del siero e qui viene lasciata riposare per venti ore. E' un lasso di tempo necessario a far maturare il giusto grado di acidità e il sapore.
I tempi di maturazione della cagliata variano a seconda della temperatura media in cui avviene la caseificazione ed è sempre il casaro a stabilirlo. Viene, dunque, il momento in cui la pasta densa viene tagliata a fette e posta nello staccio, un altro recipiente in legno o in rame su cui viene versata acqua calda che serve a far filare la pasta, grazie alla manuvedda, sempre in legno.
Tuttavia, le grosse sfere di formaggio vengono ottenute utilizzando le mani. E', questa, una delle fasi più delicate dell'intera lavorazione. Il casaro deve avere l'accortezza di saldare l'estremità della pasta e di eliminare dalla sua superficie le eventuali bolle d'aria o "smagliature" che possono essersi create; ancora calda, la sfera di formaggio viene posta nella mastredda, dove riposerà un giorno e una notte interi, asciugandosi e assumendo la tipica forma a parallelepipedo. Le forme vengono immerse, poi, in piccole vasche di acqua e di sale per la prima salatura che dura circa 48 ore. Infine, vengono portati alla stagionatura, in locali spesso ricavati da grotte naturali che assolvono questo compito da secoli.
Nei centri di stagionatura avviene la seconda salatura, per circa trenta giorni. Quando lo stagionatore valuta che il formaggio è arrivato al momento giusto della maturazione, lo appende a coppie con liame a cavallo di travi di legno, controllate ogni due settimane ela stagionatura si protrae per minimo quattro mesi, ma sovente si può arrivare fino ad un anno.
Come ogni opera d'arte, tutte le forme sono uniche, mai nessuna uguale alla altre. Ha un sapore piccante caratteristico e può essere gustato anche impanato e fritto oppure grattugiato.
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