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Elenco delle sigle per chiarire le varie tipologie merceologiche della ceramica:
TCC terracotta comune
CRV ceramica invetriata
CRG ceramica ingobbiata
MA maiolica
PR porcellana
TR terraglia
GS grès
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MARCHIO DELLA CERAMICA
Il marchio nazionale "Ceramica Artistica e Tradizionale" è stato istituito nel 1997. Le diverse zone di affermata produzione ceramica lo possono conseguire in conformità ad un disciplinare-tipo che deve essere approvato dal Consiglio Nazionale Ceramico.
Il marchio viene localmente integrato, nello spazio delimitato dalle linee sottostanti al simbolo grafico, dal nome della città oppure (o, anche, in aggiunta) da una rappresentazione grafica relativa alla produzione ceramica da tutelare. Nello stesso spazio si deve leggere il numero di iscrizione del produttore ceramico al registro depositato presso la Commissione Provinciale Artigianato.
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Conosciuta presso tutte le civltà, fin da epoche remote, è la tipologia più semplice di ceramica: richiede, infatti, una sola cottura. Adoperata, in particolare, per stoviglieria e laterizi, ha impieghi anche ornamentali o di altro genere: per esempio culturale ed apotropaico; come nel caso del celebre esercito di terracotta di Xian, in Cina, posto a guardia della tomba del primo imperatore Qin Shi Huang e venuto alla luce nel 1974. Di consistenza porosa, viene realizzata con argilla dalla tipica colorazione rossa, dovuta alla elevata concentrazione di ossido di ferro. La cottura, eseguita una sola volta, richiede temperature di 900°-1.000°C.
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La perdita parziale o totale della porosità della terracotta, con conseguente impermeabilizzazione, si ottiene attraverso l'invetriatura; essa si ottiene immergendo il manufatto della vernice trasparente ottenuta mescolando silice e ossido di piombo finemente macinati. Pur essendo già assai ben conosciuta in Oriente, è fama che la tecnica dell'invetriatura fosse introdotta in Europa da Luca della Robbia. Gliene rende merito Giorgio Vasari, nel suo "Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani".
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Già nell'antichità, per nascondere il colore dell'impasto della terracotta, si introdusse la tecnica dell'ingobbio; essa consiste nell'applicare al manufatto, prima della cottura, un rivestimento terroso, di composizione argillosa o silicea e di consistenza liquida, normalmente di colore biando. Tale rivestimento risulta opaco e poroso e non è sufficiente a rendere impermeabile la ceramica: ha, quindi, finalità unicamente estetiche. Sopra di esso è possibile dipingere decori policromi ed applicare la vernice trasparente per l'invetriatura.
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Se alla invetriatura si aggiunge stagno, che dà una colorazione bianca brillante ed opaca al rivestimento, si ottiene lo smalto bianco, o smalto stannifero, la cui applicazione segue la prima cottura e necessita di un secondo passaggio in forno, a 920°-940°C. Altri ossidi metallici differenziano le diverse colorazioni. Questa tecnica, forse di origine islamica, nel medio evo pervenne in Italia grazie ai commerci con la Spagna moresca, in particolare con Maiorca, allora conosciuta (così la menziona anche Dante) col nome di Maiolica: e maiolica è la denominazione rimasta a questa tipologia di ceramica.
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Questo raffinato materiale ceramico proviene dalla Cina, dove probabilmente nacque ai tempi della dinastia Sung (969-1280). Marco Polo fu fra i primi occidentali ad avere occasione di conoscerne ed ammirarne squisiti esemplari; proprio al viaggiatore veneziano, verosimilmente, si deve il nome, mutuato da quello delle porcelle - magnifiche conchiglie della famiglia delle Cypree - per l'assai somigliante aspetto traslucido trasparente. Oltre che con tali caratteristiche, questa ceramica si presenta a grana molto fine e compatta, impermeabile e difficile da intaccare, caratterizzata da tipica e gradevole sonorità. Viene ottenuta dalla cottura a bassa temperatura (tra i 700° e gli 800° C) di una miscela composta da argille bianche e molto pure (caolino), quarzo e minerali feldspatici finemente macinati, la cui quantità determina la maggiore o minore durezza. Successivamente, viene rivestita con invetriatura e cotta una seconda volta ad almeno 1.300° C.<fino ad oltre 1.400°.
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Molto simile, in apparenza, alla porcellana, in realtà condivide con essa solo il fatto di essere soggetta a doppia cottura: la stessa successione delle temperature, ad esempio è invertita, essendo più elevate nella prima cottura rispetto alla seconda. Questo materiale, realizzato con terra bianca e rivestita con invetriatura, è molto più economico rispetto alla porcellana; le terraglie dure, bianche o color avorio, dotate di maggiore resistenza, sono però più rinomate e costose rispetto alle terraglie tenere.
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L'etimo francese del termine, di derivazione latina e tedesco-antica, riporta al concetto di granello, ovvero di terreno sabbioso. L'impasto, infatti, è realizzato con argille vulcaniche, ricche di silicio e termorefrattarie. Sebbene non paragonabile alla pregevolezza della porcellana, questo materiale ceramico è ad essa somigliante per l'impermeabilità, la compattezza e la durezza, ottenute grazie alla cottura a temperature sufficientemente elevate (1.200°-1.300°C) da consentire solo un modesto assorbimento d'acqua. Anche il grès, quindi, possiede apprezzabili qualità di resistenza meccanica, che lo rendono adatto alle lavorazioni più fini. Si differenzia, invece, per le evidenti caratteristiche di opacità. Può presentarsi in tonalità bianco-grigiastra o, più spesso, di colore bruno-rossastro; può essere anche rivestito con una invetriatura al sale. Usato prevalentemente per scopi industiali, è però impiegato anche nella manifattura artistica per la produzione di piastrelle da rivestimento e da pavimento e anche di stoviglie.
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